LA LEGGE DI PETER (reprise)

 

Di Franco Remondina  (dodicesima.com)

La Legge di Peter al suo massimo grado? I Banchieri Centrali! Voi direte che “se sono lì, è perché ci capiscono”, ma io, che “non ci capisco”, guardando i risultati, ho forti dubbi.

Il primo dubbio che mi viene è di carattere logico: ad ogni azione segue una reazione. Spero che il postulato della fisica classica non sia fuori luogo, perciò proseguendo con questa logica, scopri che il postulato: “se sono lì” è “l’azione” è perché ci “capiscono” è la motivazione, quello che manca è la “reazione”.

Se ci capiscono, perché le cose non vanno per il meglio?

Intendo dire non vanno per il meglio per la quasi totalità delle persone? Per altro gli stessi che esprimono la loro ignoranza adducendo la motivazione “è perché ci capiscono”.

Se gli analisti finanziari hanno introdotto il “dato sulla fiducia” come aggregato fondamentale ad una analisi dei corsi finanziari, bisogna chiedersi: quanta fiducia è rimasta nella motivazione: “è perché ci capiscono”?

Se l’economia è una scienza allora deve rispettare la logica, vi sembra che sia rispettato il principio di causa-effetto?

Se ci capiscono, e sottolineo “se”, questi hanno estratto dalla loro logica il mondo della “globalizzazione”.

Una pensata da premio nobel (in minuscolo of course), dove anche il mio cane ci sarebbe arrivato: produrre le merci dove costa meno e rivenderle dove costano un “botto”. Logica elementare!

Globalizzando il mondo hai come risultato la competizione tra lavoratori. Mai tra manager, solo tra lavoratori. Ora, il lavoratore occidentale si è trovato a combattere contro suo nonno, nel senso che per arrivare allo standard di vita che aveva fino alla globalizzazione, c’erano che ha zero diritti, stipendio quasi a zero rispetto a te, costi di servizi e bollette e costo della vita notevolmente più basso del tuo.

A questo servono i cani da guardia, i manager, ad abbaiarti contro che “costi troppo”, se prima della globalizzazione eri una risorsa dell’azienda, adesso ti sei trasmutato in “costo”, e i manager, non sono imprenditori, sono manager.

Non hanno una visione, spesso non sono neppure intelligenti, hanno una intelligenza minimale, compartimentalizzata. Sono i dati logici a dirlo, la questione causa-effetto.

Seguendo le indicazioni di questi minus habens logici, le imprese riducono i salari degli operai, anzi delle persone occupate per produrre a costi minori (ma a guadagni maggiori) e come risultato di avere meno occupati, con salari più bassi.

Ne consegue che sempre meno gente ha soldi da spendere per comprare le merci che produci, questo porterà a minori guadagni e ad altri tagli occupazionali effettuati dal nuovo manager e così via.

Una Contro-logica.

Adesso la competizione viene espansa ai fattori economici, cioè si compete sull’inflazione…

Questo produce un mondo all’incontrario, nella tenacia del “voler avere ragione” i banchieri centrali hanno avuto una pensata: i tassi negativi, cioè invece di darti un interesse sui soldi che hai risparmiato devi “pagare” un pizzo alla banca perché li custodisca per te. Nella loro “logica” questo avrebbe dovuto portare la gente a spendere i soldi che rimanendo sul conto si svalutano invece, la propensione al risparmio cresce e la gente preferisce risparmiare di più!

Sono i dati a dirlo…

Cercando di produrre inflazione i banchieri centrali producono l’inverso, cioè la deflazione: se li hanno messi lì è perché sono come noi/voi, perché non ci capiscono!

Questa è la verità.

Hanno voluto la globalizzazione, ora la competizione è al massimo verso i paesi asiatici, le imprese effettuano continuamente tagli salariali e occupazionali per poter produrre a costi più competitivi e come risultato si hanno meno occupati e con stipendi più bassi, minor capacità di spesa e minor crescita, quindi minor inflazione perché sempre in fase di competizione si agisce sui prezzi.

Di Franco Remondina

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